QUEL CA PINS A VLÀ VOI CUNTÈ
QUEL CA PINS A VLÀ VOI CUNTÈ
"Tempra di ferro e passione di fuoco, questo ha sempre dimostrato il nostro Babbo. Una deformazione professionale, nasce fabbro, che ha ripercussioni anche nella vita privata".
"Tempra di ferro e passione di fuoco, questo ha sempre dimostrato il nostro Babbo. Una deformazione professionale, nasce fabbro, che ha ripercussioni anche nella vita privata".
“Tempra di ferro e passione di fuoco, questo ha sempre dimostrato il nostro Babbo. Una deformazione professionale, nasce fabbro, che ha ripercussioni anche nella vita privata”. Con queste parole così efficaci ed eloquenti i figli di Giancarlo Cassani scolpiscono nell’introduzione del libro la figura del padre: “una persona schiva, introversa e generosa, poco capace di dirci ‘vi voglio bene’ con le parole, piuttosto ce lo dimostra coi fatti. Sempre preso dal suo lavoro, che ama, ma sempre comunque presente e mai ingombrante”. Questo libro è dunque un atto d’amore per un uomo che sente il bisogno di esprimere il proprio mondo interiore con una raccolta di Racconti, poesie, pensieri e disegni particolari e sorprendenti. Perché scrivere senza avere una specifica cultura o preparazione letteraria? Lo stesso autore risponde con un’espressione molto incisiva nella sua semplicità. Perché è indispensabile, vitale, essenziale che “ci sia un momento che la fantasia si sviluppi”. Cassani nella sua breve ma efficace prefazione mette subito in chiaro le sue intenzioni. Intende usare "un dialetto romagnolo molto grezzo” per uno scritto che "avrà una infinità di errori volutamente cercati. Questo per il grado di cultura acquisito”. Il dialetto, o l’italiano regionale, una lingua in cui l’idioma nazionale viene colorato, corrotto, contaminato da termini, intercalari e modi di dire, da costruzioni sintattiche informali tratte dall’uso orale e da parole provenienti dal dialetto ma italianizzate (pensiamo a ciappino, paciugo, barosola, invornito, izghito…) permettono a Cassani di usare quelle parole che “altrimenti faticherebbero ad uscire ”e tratteggiare una realtà, spesso legata all’infanzia e all’adolescenza, che attraverso il filtro della memoria e del rimpianto può rivivere in forme inusitate. Vale dunque la pena di leggerlo con il rispetto e l’attenzione che merita ricordando quello che i figli Andrea e Mattia hanno acutamente consigliato: “Probabilmente è così che andrebbe letto questo libro, senza pretese, senza aspettarsi una limpida traduzione di romagnolità, piuttosto una raccolta grezza e ruvida di pensieri e storie mai dette”.
Nessun commento presente al momento.